Rimembranze – Sto pensando di finirla qui, di Charlie Kaufman (2020)

Il cinema è un mezzo meraviglioso, capace di farci vivere l’arte e di farci entrare in mondi sconosciuti ed immaginari come nessun altro media esistente: questa qualità, nel corso di un secolo e mezzo di storia, è stata sfruttata da alcune delle migliori menti dell’umanità per discutere, lasciare un messaggio, farci provare sensazioni fortissime e modificare concretamente la cultura pop, soprattutto in epoca moderna. È impossibile negare l’influenza esercitata negli ultimi decenni da Charlie Kaufman, tra le più grandi penne del cinema statunitense (Essere John Malkovich, Il ladro di orchidee, Eternal sunshine of the spotless mind), che ha esordito dietro la macchina da presa nel 2008 con quel capolavoro di “Synecdoche, New York”. Oggi andremo a discutere del suo terzo e attesissimo lungometraggio, “Sto pensando di finirla qui”, rilasciato qualche giorno fa su Netflix, il quale sta ricevendo pareri discordanti.

Partiamo da un presupposto: Kaufman non è uno sceneggiatore che ama scrivere storie semplici e lineari, per cui la visione del film non è comunque consigliata a tutti. La storia è quella di Lucy (Jessie Buckley) e Jake (Jesse Plemons) , una coppia che sta affrontando un viaggio in campagna, durante una forte nevicata, per andare a trovare i genitori di lui. La vicenda ci viene presentata attraverso uno strepitoso monologo iniziale della suddetta Lucy, che è anche il punto di vista dal quale osserviamo la prima parte della vicenda: di fatti, tra una chiacchiera e l’altra all’interno della vettura, Lucy continua a pensare di voler chiudere il rapporto con il suo attuale partner, e che tutta questa visita sia in realtà un grosso errore. A questi discorsi si alternano scene con un vecchio bidello, del quale non sappiamo nulla. Arrivati alla casa d’infanzia di Jake, i due fanno un rapido tour della fattoria, prima di conoscere i genitori del ragazzo, estremamente gentili anche se alquanto rustici. C’è qualcosa, però, di profondamente sbagliato in questa vicenda, e ce ne renderemo presto conto. Come si può ben comprendere da quanto detto, il film è estremamente dialogato e porta avanti una storia complessa nella costruzione, ma in realtà alquanto semplice, la quale va ad analizzare i processi della mente di un individuo nel rielaborare i ricordi ed affrontare se stesso.

Impossibile non fare un plauso alla costruzione dei personaggi e ai dialoghi scritti da Kaufman, di un livello quasi impensabile per ogni altro sceneggiatore vivente: sentiamo la vita, la rabbia e la frustrazione di queste Persone, come le loro paure e angosce, che vanno a manifestarsi unicamente tramite le parole e le espressioni, poiché gran parte della pellicola riprende i due seduti comodamente nell’automobile. Di buona fattura il lato tecnico, con una regia molto quadrata e una fotografia che fa il proprio dovere, mentre ho trovato un po’ sottotono la colonna sonora, forse troppo poco presente e con poco mordente all’interno della vicenda. Contro ogni aspettativa, anche la costruzione della trama ha qualche problema, con una prima parte di livello assoluto e una seconda forse un po’ ridondante e che lascia molti discorsi a metà: per carità, la vicenda si conclude degnamente e con una discreta classe, ma onestamente ho trovato la seconda metà una piccola caduta di stile per il livello al quale ci ha abituati questo autore. Sono estremamente presenti, come per ogni opera di Kaufman, i riferimenti al teatro sia nella costruzione della scena (e questo è evidente durante la cena con i genitori) che nella trama vera e propria: i nostri protagonisti compiono lunghi dialoghi e monologhi interiori, guardano in camera rivolgendosi al pubblico, entrano ed escono di scena continuamente; sono presenti poi citazioni ai musical, nonché un vero e proprio spezzone di ballo nel finale, il quale probabilmente da’ una definitiva spiegazione all’intera vicenda.

Sto pensando di finirla qui non è un capolavoro, ma è comunque uno dei migliori film presenti su Netflix oltre che un’opera che lascia il segno nel raccontare una storia tragica, da un punto di vista particolare, con dei personaggi incredibili e dei momenti memorabili, che passano dal cinema al puro teatro per entrare anche nella filosofia e nella saggistica. Un lavoro complesso e maturo da parte di uno dei più grandi sceneggiatori di sempre che, seppur con qualche piccola pecca, porta a casa uno dei film più intriganti degli ultimi anni.

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